Per la prima volta da molto tempo, il 31 dicembre non ho stilato i buoni propositi per l’anno nuovo. Avrei potuto mettermi davanti alla mia moleskine a compilare una to do list di corsi di fotografia che mai inizierò, di obiettivi sulla palestra che mai rispetterò, di viaggi che forse non programmerò.
Lo scorso anno non ne ho azzeccato uno di buoni propositi, eppure sento di aver vissuto l’anno migliore della mia esistenza. Potrei elencare le fantastiche esperienze che ho vissuto, potrei elencare i favolosi viaggi che ho affrontato, le persone meravigliose che ho conosciuto, ma in realtà sento di aver realizzato un’unica cosa fondamentale, che mi ha permesso di diventare una calamita per molte cose buone: ho deciso di vivere a pieno la mia vita.
Tre mesi fa, scrivevo così:
Un paio di mesi fa mai avrei pensato di poter arrivare a questo punto. Di poter affermare: “questo è il mio anno”. Sarà probabilmente merito del Giappone e di tutti quei messaggi di buona sorte che ho sparpagliato, non senza scetticismo, tra i templi shintoisti. O forse sarà merito del karma, delle congiunzioni astrali o del fato, fatto sta che negli ultimi mesi sono profondamente cambiata: ho, finalmente, deciso di vivere a pieno la mia vita. Ho smesso di razionalizzare all’estremo, ho eliminato quelle persone che mi ponevano limiti, ho conosciuto gente nuova che ha saputo coinvolgermi dopo mezz’ora di conversazione, ho imparato a essere spontanea e a non analizzare ogni minimo particolare della vita, l’universo, tutto quanto, o dei messaggi WhatsApp (su quest’ultimo punto, in realtà, ci sto ancora lavorando). Ho lasciato il posto fisso, ho consumato amori veloci ma memorabili, ho imparato a convivere con la mia insonnia, coi miei limiti, le mie imperfezioni e a lavorare sulle mie insicurezze. Ho imparato a cogliere gli aspetti positivi delle persone per farli miei, ho imparato che si può migliorare e che ci si può lasciare andare anche con chi si è appena conosciuto e che innalzare barriere non è il modo giusto per difendersi dalle paure (avvisate anche Jon Snow, please). Tutto ciò per dire che oggi realizzo un altro sogno, e non è il primo di questo 2017: “solo” 19 ore di voli mi separano da quello che senza dubbio sarà un viaggio EPICO. 3 ragazze, 7 aerei, 9 fusi orari, 11 motel, 2 couchsurfing, 1 macchina, 28 giorni e chissà quante avventure.
EPICO mi sembra l’aggettivo più appropriato per riassumere il mio 2017. Dal Giappone agli Stati Uniti, passando per Milano, è stato tutto un crescendo di situazioni, di decisioni, di persone che hanno contribuito a rendere ogni momento memorabile. Fino all’uno dicembre. Quando pensavo che, in un anno così intenso e sbalorditivo, non potessero ancora accadere cose meravigliose. E mi sbagliavo.
Ho condiviso nuovi panorami, viste dall’alto e tramonti, viaggi in macchina tra Matera, Pompei e Ragusa, ho scattato migliaia di foto, ho mangiato chili di pistacchio, ho programmato nuovi viaggi e prenotato aerei, ho esplorato castelli, mostre e labirinti, ho ricevuto una telefonata che aspettavo, ho scoperto musica nuova, ho scritto testi e fatto finta di suonare la chitarra, ho condiviso sguardi, mani intrecciate e calici di vino, ho ricevuto musica composta per me, sorprese, sorrisi e tisane allo zenzero, ho inventato titoli di nuove canzoni, ho corso su un molo col vento contro, ho cucinato, ho amato.
Per il 2018 non mi servono buoni propositi, vorrei qualcosa di meglio: continuare a godere della vita, con le giuste persone al mio fianco.